Secondo l’ultima edizione dell’Osservatorio Startup Intelligence e Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano, che ha coinvolto 1800 tra Chief Information Officer e Chief Innovation Officer di altrettante aziende, quasi la metà delle Pmi e grandi imprese italiane aumenterà per il 2022 il budget destinato all’Information e communications technology di circa il 4%. Potrà sembrare un dato non eccezionale, ma supera l’incremento previsto per il 2021 (pari allo 0,9%) e torna ai livelli pre-pandemici.
Al tempo stesso, secondo l’Osservatorio, ben l’81% delle aziende già adotta protocolli di open innovation e il 49% di queste ha avviato collaborazioni con le startup, che diventano fondamentali nell’esplorazione di nuove tecnologie e nuove opportunità.
Open innovation, non solo startup
Dopo gli stop imposti dalla pandemia e una necessaria fase di assestamento, il digitale in Italia torna a viaggiare a ritmi più veloci. Secondo la Direttrice dell’Osservatorio, Alessandra Luksch, le pubbliche amministrazioni, le imprese e le startup stanno affrontando una nuova normalità «portando con sé due lezioni apprese dalla crisi: la prima riguarda l’innovazione digitale, che non è un bene di lusso, ma una leva fondamentale per la sopravvivenza in contesti competitivi e per la transizione ecologica; la seconda è che nessuno, in un periodo di forte discontinuità, può salvarsi da solo e per questo l’esigenza di innovare ha portato molte imprese a guardare all’esterno». Gli attori cui ci si rivolge sono, oggi, più vari: nel 69% dei casi sono state coinvolte università e centri di ricerca, nel 47% azioni di startup intelligence e in un caso su tre ci troviamo di fronte a iniziative di partner scouting con imprese già consolidate. Gli approcci di open innovation sono sempre più diffusi, ma bisogna segnalare anche la crescente attenzione a integrare questi spunti con iniziative interne, che fanno sì che si diffonda all’interno delle azienda una cultura d’innovazione sempre più pervasiva ed esplicita.
Digital sì, ma in sicurezza
Gli investimenti delle grandi imprese per il 2022 si concentreranno soprattutto su Big Data, soluzioni di analytics, Business Intelligence e sistemi di sicurezza. Dopo 18 mesi, divengono meno prioritari lo smart working e gli e-commerce, ma per il 63% di queste aziende la pandemia si conferma un acceleratore nei processi di digitalizzazione e per il 69% le risorse del PNRR rappresenteranno una preziosa occasione da cogliere al volo. Le Pmi, invece, investiranno soprattutto in It security e in applicazioni legate ai progetti di Industria 4.0.
Come cambia l’organizzazione interna?
La spesa in digital e tecnologia deve essere accompagnata, secondo gli esperti, da una governance efficace, modelli organizzativi calibrati sulla diffusione dei processi innovativi e da una vera e propria cultura digitale aziendale. A tal proposito, il 39% delle grandi imprese italiane ha già preso la decisione di istituire la cosiddetta “direzione innovazione” o una figura deputata, mentre il 44% intende attingere da altre linee di business per creare figure ad hoc, incaricate cioè di favorire la gestione e la diffusione della nuova cultura aziendale. Nelle Pmi le figure dedicate sono ancora poche, ma il 2022 potrebbe essere l’anno della svolta organizzativa anche in questi contesti aziendali.
Sempre più diffusa appare, inoltre, la cosiddetta Corporate Entrepreneurship, volta a creare stimoli imprenditoriali all’interno dell’azienda, che si traduce in azioni sul management in un’ottica di change management oppure di formazione su competenze digitali e imprenditoriali. Alle imprese spetta oggi il compito di trovare un equilibrio tra il conseguimento degli obiettivi di business e l’apertura a una sperimentazione più aperta.