Secondo il report “Why Leaders Can’t Let Up in Transformations” elaborato da BCG attraverso un’indagine condotta a livello internazionale su un campione di mille aziende, nel 2022 i progetti di trasformazione aziendale si sono rivelati più difficili e più onerosi dal punto di vista economico e la partecipazione stessa dei leader è in flessione.
Tra i temi analizzati troviamo soprattutto l’impatto esercitato dai trend legati al lavoro ibrido, alla sostenibilità e all’adozione delle tecnologie di intelligenza artificiale, che da un lato evidenziano come questi trend rappresentino un’opportunità e dall’altra hanno messo a nudo le reali capacità delle aziende di gestire queste nuove sfide.
Solo il 52% delle aziende orientate alla digitalizzazione afferma di poter rispondere a queste sollecitazioni. I fattori necessari per quantificare se la trasformazione potrà avere successo vanno dai costi alla durata, dall’impegno dei leader al coinvolgimento dei dipendenti, passando per la value realization: ebbene, i risultati relativi al 2022 sono persino peggiori di quelli relativi al 2020. Nel dettaglio, possiamo vedere come i costi abbiano superato le aspettative del 31% – rispetto al 15% – mentre i ritardi nei processi si sono triplicati – passando dal 19% al 69% – e il valore realizzato da una trasformazione è peggiorato passando dal 73% al 45%.
Le componenti che possono fare la differenza secondo BCG sono tre: una migliore gestione degli sforzi indirizzati al cambiamento, una leadership coerente e una gestione del cambiamento maggiormente indirizzata verso i dipendenti. Questi tre elementi, se sviluppati, possono ridurre lo sforamento dei costi, diminuire i ritardi e portare a migliori performance.
Il dato più negativo e maggiormente preoccupante riguarda, tuttavia, il coinvolgimento dei leader: dal 53% del 2020 si è passati al 45% nel 2021 e al 38% nel 2022. Se rapportati ai dati che misurano la partecipazione dei dipendenti, attestata al 64% nel 2020 e rimasta per lo più stabile nei due anni successivi, questi numeri stridono parecchio.
Nella maggior parte delle organizzazioni di successo, infatti, sono i leader a divenire modelli da imitare, a guidare gli sforzi verso il cambiamento e a sostenere i dipendenti.
Il rapporto suggerisce, perciò, che il cambio di rotta parta proprio dai leader perché le tensioni geopolitiche, le interruzioni nella catena di approvvigionamento, il passaggio al lavoro ibrido e gli strascichi delle difficoltà pandemiche impongono una trasformazione efficace.
Una buona notizia, però, c’è: le aziende sono ancora in grado di gestire il processo di trasformazione digitale e aumentare la propria resilienza, a patto che siano innanzitutto i manager a focalizzarsi su questi progetti.
Secondo BCG, i rallentamenti nei processi di trasformazione nel nostro Paese hanno una spiegazione. La digitalizzazione, infatti, richiede risorse, tempi e talenti: nel corso del 2022 la pressione sui costi e l’inflazione hanno rallentato gli investimenti e i livelli di attenzione. Tuttavia, già a inizio 2023 sono stati riscontrati i primi segni di ripartenza: le imprese migliori in termini di passaggio al digitale hanno riscontrato un aumento di valore del +22% negli ultimi tre anni rispetto ai “ritardatari” e il gap è destinato ad aumentare, quasi a triplicare, entro il 2025.
Porre maggiore attenzione al coinvolgimento dei leader è un aspetto di cui tener conto a livello internazionale: se da un lato le agende dei leader sono divenuta sempre più complesse, diluendo il focus su vari fronti e interventi di breve periodo, dall’altro il coinvolgimento dei dipendenti è rimasto stabile.
Avviare processi trasformativi che rendano le imprese resilienti è diventato ancora più rilevante, sia per resistere alle variazioni repentine del mercato che per cogliere nuove opportunità.
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