Sostenibilità e digitalizzazione, a che punto sono le PMI?

Dic 19, 2022 | Trasformazione digitale

Le PMI che prevedono di investire in questi temi sono la metà rispetto alle realtà più grandi, ma il PNRR potrebbe aiutare a colmare il gap

L’economia italiana, si sa, è basata sulle piccole e medie imprese che, con l’agilità e la capacità di innovare che le contraddistingue, contribuiscono a far sì che il nostro Paese rientri tra le nazioni più importanti dal punto di vista economico.

Non bisogna, tuttavia, fare l’errore di sorvolare sui limiti delle PMI: le dimensioni ridotte, infatti, le penalizzano rispetto alle organizzazioni più grandi in ambiti quali la ricerca e lo sviluppo, la digitalizzazione, la sostenibilità, i costi della logistica, l’accesso al credito e la sostenibilità. Le PMI non riescono spesso a sostenere ampi piani di investimento e faticano a trattare da posizioni di forza con fornitori e banche, ma i fondi del PNRR potrebbero fornire loro un supporto tale da metterle sullo stesso piano delle grandi aziende. Ricordiamo, infatti, che una parte considerevole delle risorse sarà destinata proprio alla transizione digitale ed ecologia. Qual è, allora, la situazione attuale?

A rispondere a questa domanda è una ricerca del Politecnico di Milano che certifica come le PMI siano rimaste indietro, rispetto alle aziende più strutturate, proprio sui temi ecologici e tecnologici: la percentuale di PMI che li ha inseriti nei propri piani strategici è solo la metà rispetto a quanto registrano nelle grandi imprese.

Secondo lo studio, infatti, “gran parte delle imprese di grande dimensione ha già inserito i temi della sostenibilità nei piani strategici, meno le Pmi che scontano la necessità di concentrare l’attenzione sull’operatività quotidiana. Il digitale è lo strumento per supportare i processi di transizione sostenibile: ben il 60% delle grandi imprese (e il 29% tra le Pmi) ha definito approcci strutturati o ruoli per rispondere a obiettivi di sostenibilità”. Tra le grandi imprese impegnate nella sostenibilità, il 65% ha deciso di investire nel digitale per raggiungere gli obiettivi in questo ambito, soprattutto con sistemi di big data, analytics, tecnologie per lo smart working e soluzioni di industria 4.0. Le PMI che hanno deciso di investire in sostenibilità e digitale sono invece il 29%. Il 3% delle grandi imprese e il 23% tra le PMI non persegue, invece, obiettivi di sostenibilità in maniera specifica.

A confermare questa tendenza è il “Digital Economy and Society Index 2021”, che ha assegnato all’Italia il 20° posto in Europa per livello di digitalizzazione. Tra le cause troviamo, per esempio, la diffusione ridotta delle reti ad alta velocità, la bassa adozione di tecnologie avanzate e la diffusione limitata delle competenze digitali.

Le risorse del PNRR

È in questo contesto che si inseriscono i 40 miliardi di euro destinati dal PNRR alla transizione digitale, i 60 miliardi destinati alla transizione ecologica e i 25 miliardi per le infrastrutture per la mobilità. Le PMI potranno beneficiare di questi di questi fondi sia in maniera diretta che in maniera indiretta. Pensiamo, per esempio, alla costruzione di reti ultraveloci nell’intero Paese, che le metterebbero in condizione di adottare più facilmente le soluzioni di Industria 4.0 oppure agli investimenti in smart grid che renderanno le forniture energetiche meno care e più affidabili.

Se in passato la transizione ecologica aveva coinvolto soprattutto le imprese di grandi dimensioni, oggi è un fattore determinante anche per le PMI sia per quanto riguarda obblighi normativi e preferenze dei consumatori, sia per il tramite nelle catene di valore, con i committenti sempre più attenti alle certificazioni di sostenibilità ambientale dei propri fornitori.

A beneficiare in maniera rilevante dei fondi del PNRR saranno settori come quello delle costruzioni, destinatario del 30% delle risorse dirette, e quello del digitale, dove le PMI generano il 60% del fatturato complessivo. Il PNRR, inoltre, ha destinato direttamente alle PMI 1,2 miliardi di euro tramite il fondo 394, che Simest gestisce insieme al Ministero degli Affari Esteri e assegna in parte a fondo perduto (fino a un massimo del 25%) e per il resto a tassazione agevolata (0,055%) attraverso tre tipologie di finanziamento:

  • “Transizione digitale ed ecologica”,
  • “Sviluppo del commercio elettronico”
  • “Partecipazione delle Pmi a fiere e mostre internazionali”.

Anche le risorse del Piano nazionale borghi, circa 1 miliardo di euro, saranno destinati quasi interamente alle PMI poiché sono pensati per sostenere lo sviluppo sociale ed economico delle zone svantaggiare attraverso la rigenerazione culturale, il rilancio dei piccoli centri, il sostegno alle attività culturali, creative, turistiche, commerciali, artigianali e agroalimentari.

Il tessuto imprenditoriale italiano

Il 95% delle 4,4 milioni di imprese italiane è rappresentato proprio da microimprese, cioè realtà con meno di 10 addetti. Seguono poi le PMI, che hanno tra 10 e 249 addetti rappresentano il 4,9%, e le grandi aziende con più di 250 addetti costituiscono lo 0,1%.

Secondo i dati Eurostat, le imprese con meno di 10 addetti rappresentano il 45% degli occupati, contro per esempio il 30% della Francia e il 19% della Germania. Alle PMI fa capo il 21% degli occupati, contro la media Ue del 20%, mentre la forza lavoro impiegata nelle grandi imprese è il 21% di quella del nostro Paese contro il 33% della media Ue. Per quanto riguarda, invece, le performance di Pmi e grandi imprese, l’Italia si attesta al sopra della media europea con un valore aggiunto generato per ciascun addetto pari a 56.500 euro, contro i 48mila della media Ue; per le grandi imprese, il valore aggiunto generato è di 73.700 euro per addetto contro la media Ue complessiva di 66mila euro.

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