Il primo passo da compiere è la costruzione di uno scenario in cui collocare gli ipotetici eventi negativi e le loro cause
La pandemia, i conflitti, la carenza di materie prime e tutti gli eventi improvvisi e improvvisti cui stiamo assistendo ci hanno messi di fronte alla criticità di modelli di business caratterizzati da delocalizzazioni ed esternalizzazioni. Le imprese hanno così avvertito l’esigenza di costruire una nuova resilienza, che privilegi l’efficienza, le gestioni snelle e la capacità di predisporre organizzazione e processi più in grado di affrontare un contesto incerto e volatile.
Per fare questo, il primo passo da compiere è proprio la costruzione di scenari di rischio, all’interno dei quali vengono collocati gli eventi negativi che potrebbero verificarsi e le rispettive cause. Ciò avrebbe un impatto decisamente positivo sulla supply chain aziendale e si tradurrebbe in aumenti degli investimenti in progetti destinati alla mappatura dinamica dell’esposizione aziendale ai rischi stessi.
Il secondo, fondamentale passo è il censimento delle fonti di dati che interagiscono con i processi di fornitura. Infine, è necessaria l’adozione di soluzioni digitali per l’elaborazione dei dati e la quantificazione della gravità dei rischi, che diventano particolarmente efficaci se includono algoritmi di intelligenza artificiale e sfruttano la progressiva diffusione della digital transformation.
Nel contesto manifatturiero, per esempio, l’analisi dei processi aziendali volti al rilevamento degli eventi negativi può aiutare a individuare, per esempio, rallentamenti, presenza di scarti, qualità inadeguata dei materiali consegnati o mancato rispetto di clausole contrattuali. I fattori di rischio più rilevanti e più comuni riguardano proprio fornitori e materiali:
- origine geografica, andamento di disponibilità e prezzi, vincoli di certificazione e brevetto per quanto riguarda i materiali;
- affidabilità finanziaria, reputazione, performance operativa e compliance a normative e certificazioni per quanto riguarda i fornitori.
Il monitoraggio dei fattori di rischio, se sistematico, può aiutare a definirne la classe di gravità secondo lo standard AS/NZS ISO tenendo conto dell’impatto sulla performance aziendale e della frequenza con cui questi possono presentarsi. Mappare dinamicamente tutti i fattori, inoltre, permette di fornire un contributo alla definizione del piano di resilienza aziendale e di definire le priorità in base alla gravità della classe di rischio. La mappatura, infatti, consente di mettere in atto azioni di prevenzione di fronte a rischi dalla gravità inaccettabile, come per esempio alla previsione di un possibile fallimento di un fornitore unico di un materiale specifico dovrà corrispondere la capacità di individuare fornitori alternativi oppure la capacità di coinvolgere il reparto di ricerca e sviluppo affinché il prodotto venga ridisegnato a prescindere dal materiale a rischio. La previsione di un’interruzione di fornitura elettrica, invece, dovrà segnalare all’azienda la necessità di pianificare una strategia agile e di aumentare tempestivamente le scorte.
Le aziende dovranno perciò dotarsi di strutture organizzative che prevedano la collaborazione tra il reparto acquisti (che deve relazionarsi con i fornitori), la produzione (che deve evitare riduzioni e interruzioni di lavorazione) e finance (che deve controllare i parametri finanziari).
La mappatura del rischio, inoltre, può suggerire all’organizzazione aziendale anche azioni di mitigazione volte a ridurre le incertezze oppure intervenire sulla cooperazione attraverso accordi tra imprese della stessa catena di fornitura.