La crescita dei dati, recentemente, è stata esponenziale: secondo il white paper del World Economic Forum “Data-driven Economies” ben il 90% dei dati nel mondo è stato generato negli ultimi due anni. Per le organizzazioni, questo rappresenta una preziosa opportunità di miglioramento della governance in termini di utilizzo, raccolta e gestione dei processi dei dati che portino a un avanzamento significativo nella produzione.
Anche il paper di Ibm “The Rise of the Data Economy: Driving Value through Internet of Things Data Monetization” chiarisce che i dati saranno la chiave per capire se le imprese attraverseranno correttamente la rivoluzione digitale rimanendo o divenendo rilevanti all’interno del mercato di riferimento.
Per questi motivi, le grandi organizzazioni nazionali e internazionali guardano da tempo con interesse alla cosiddetta innovazione data driven, cioè quel passaggio strategico che introduce la cultura del dato a tutti i livelli aziendali. Secondo l’Ocse, i dati consentono di ottenere performance migliori in termini di creazione di valore e di riduzione dei costi grazie all’ottimizzazione della catena stessa del valore e un uso più efficace dei fattori di produzione come la forza lavoro e le relazioni con il cliente cucite su misura delle sue esigenze.
Le aziende più performanti, oggi, sono quelle che adottano pratiche di gestione dei dati più evolute: nel 2019, infatti, il 46% delle imprese che avevano ottenuto risultati migliori avevano inserito tra i dirigenti di primo livello una figura di data leader.
Vi sono, tuttavia, alcuni limiti che impediscono lo sviluppo delle organizzazioni verso tecnologie data driven che risiedono nella cultura dell’approccio ai dati: questi consentono di prendere decisioni anche strategiche più rapidamente, ma al tempo stesso devono essere facilmente consultabili anche dai non esperti, rappresentati in modo efficace e mostrati in contesti che evidenzino su quali elementi sia conveniente porre l’attenzione. Il passato e il presente, per molte aziende, è fatto di report verticali, non integrati, che necessitano di interventi esterni per generare nuovi indicatori o inserire nuove fonti. La self-service analytics, ribaltando l’approccio, offre all’utente finale strumenti all’avanguardia e di facile utilizzo, diminuendo così i tempi di reporting, prevenendo inutili ritardi e tagliando i costi aziendali dati dall’indecisione.
I dati diventano parte integrante della strategia competitiva quali punto di partenza per misurare le azioni e implementare i processi che permettono di focalizzarsi meglio sulla visione aziendale, sui bisogni dei clienti e, quindi, sulla competitività. È necessario, perciò, intervenire per fare leva sulla cultura aziendale come fattore abilitante allo sviluppo del potenziale di aziende che ambiscano a diventare data-driven, sviluppando una community aziendale, promuovendo la formazione del personale, la consulenza e lo sviluppo progettuale ad hoc. La gestione dei dati deve divenire un pilastro strategico del business e per farlo è necessario un vero e proprio percorso di change management. Prendiamo come esempio Spotify: il successo del suo sistema di suggerimento dei brani, basato sull’analisi delle preferenze, la rende una delle aziende più note per gli investimenti nel data-driven decision making, con un approccio applicato a tutta l’organizzazione.
L’intelligenza aziendale, è proprio il caso di dirlo, passa dai dati.