Formazione e welfare, così si attraggono i talenti

Mag 24, 2023 | Cultura aziendale

La situazione economica e le incertezze di questo periodo storico spesso non permettono di valorizzare il personale alzando il livello retributivo, né di attrarre nuovi talenti. La soluzione per fidelizzare e trattenere le persone potrebbe perciò passare dalla formazione e dal welfare, che genererebbero ritorni positivi anche in chiave di business.

Una ricerca condotta da Cint per Docebo, su 1.555 lavoratori intervistati, dipendenti tra i 16 e i 65 anni residenti in Francia, Germania, Regno Unito e Italia (sono 400 i lavoratori oggetto di indagine) ha provato ad analizzare la situazione attuale. Ci concentreremo oggi sui numeri relativi al nostro Paese.

Oltre otto addetti italiani su dieci (circa l’82%) si dicono propensi a scegliere un’azienda in grado di offrire sviluppo e formazione costante; sei su dieci (circa il 61%) confermano la possibilità di cambiare lavoro entro dodici mesi qualora l’azienda attuale non offrisse oppure tagliasse le opportunità di formazione essenziali per lo sviluppo e la crescita della loro carriera.

Anche nell’era del “quiet quitting” e della “great resignation”, in cima alle priorità di un’organizzazione dev’esserci il cosiddetto “continous leerning”, anche se le motivazioni per cui un dipendente potrebbe essere disposto ad abbandonare l’attuale posto di lavoro sono tante. Tra queste, troviamo la retribuzione insufficiente per il 78% degli intervistati, la cattiva gestione aziendale per il 52% e le scarse opportunità di crescita professionale per il 45%.

In generale, insomma, a mettere sotto pressione i membri dei team e a portare a possibili fughe sono la mancanza di manager adeguatamente preparati e l’insufficienza di personale che ne consegue, dovuta anche alla carenza di nuovi talenti da inserire nell’organico. Un quarto degli intervistati, inoltre, indica come fattore che potrebbe spingerli a cambiare ambiente di lavoro o professione proprio una cultura aziendale debole.

Generazioni a confronto

In questo quadro, la formazione continua potrebbe contribuire alla creazione di una nuova cultura aziendale e di strategie valide per la riduzione del turnover del personale anche laddove l’aumento salariale non fosse possibile. Dalla stessa ricerca emerge come le giovani generazioni, soprattutto Millennials e Gen Z, siano particolarmente attente a questi temi e alle politiche di learning&development. L’83% dei lavoratori Millennials e il 79% degli esponenti della Gen Z affermano di essere maggiormente propensi a scegliere un datore di lavoro che offra opportunità di apprendimento e formazione comune. In due casi su tre, sia Millennials che Gen Z si mostrano favorevoli a prendere in considerazione il licenziamento nel caso in cui la propria azienda dovesse tagliare gli investimenti in formazione; la percentuale scende al 55% tra i lavoratori baby boomer.

Quello che si osserva in Italia è un trend chiaro, che mostra come la crescita professionale sia un elemento imprescindibile per il proseguimento della propria carriera all’interno della stessa azienda.

In un periodo complesso in cui la sopravvivenza delle aziende stesse passa dalla capacità e dalla lungimiranza a mantenere adeguate competenze all’interno dei team, occorre prendere in considerazione opzioni diverse per salvaguardare il numero di dipendenti e la loro stessa motivazione.

Formazione e welfare: sì, ma come?

La formazione torna quindi al centro con programmi di upskilling volti a migliorare le competenze dei manager, con significativi ritorni di investimento, profitti e fidelizzazione dei dipendenti.

Coltivare talenti diventa così una preziosa soluzione, che secondo il McKinsey Global Institute si traduce in vere e proprie strategie. Il primo passo da compiere è aiutare le persone che all’interno dell’organizzazione hanno le potenzialità per un salto di qualità ad acquisire un’esperienza varia, creando anche occasioni per una mobilità interna che permette di aggiungere nuove competenze.

È importante, poi, focalizzarsi sulle soft skill richieste da ciascun ruolo e sulle competenze digitali, che si traducono in produttività, fidelizzazione e innovazione.

L’ultimo aspetto di cui tenere conto è legato al welfare: i lavoratori oggi prediligono ambienti che prestano un occhio di riguardo alla previdenza, alla salute, all’assistenza, allo sviluppo del capitale umano e alla responsabilità sociale.

Solo così le aziende saranno oggi in grado di trattenere i talenti e crescere.

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